Il supporto ai palestinesi? Una minaccia interna

Secondo un recente rapporto dello Stato

Abbiamo appreso con stupore e curiosità che l'appoggio alla causa palestinese è stato dichiarato una minaccia alla sicurezza nazionale. E non da parte di una vignetta satirica ma dal rapporto ufficiale dei Servizi Segreti.

 

A volte prendere posizione su argomenti di attualità non è facile ma dovuto, specialmente se “l'attualità” ha un decorso storico che dura 75 anni. Così Prima Materia ha preso posizione nei riguardi della causa palestinese, attraverso azioni concrete e tangibili: il progetto “Yalla Musika!” in Palestina dal 2007 e il progetto “Music and Resilience” in Libano, dal 2012 a fianco dei palestinesi che vivono tuttora in campi profughi costruiti all'indomani della “Guerra d'indipendenza israeliana” del 1948-49.

 

Entrambi i progetti ci hanno portato a conoscere giovani ed anziani palestinesi, trascorrere tempo con loro ospiti delle loro case, nei loro campi per rifugiati, fare tanta musica insieme e comprendere le ragioni di una “causa” che assume talvolta i toni della “resistenza” ma il più delle volte suona di istinto di sopravvivenza.

Si badi bene: essere a favore della causa palestinese, un popolo che esiste, che ha una sua storia e che rivendica il diritto di continuare ad esistere nella propria terra natale, non vuol dire tacitamente ed automaticamente essere contro il popolo israeliano o contro gli ebrei, essere antisemiti, come spesso si tende semplicisticamente a controbattere, in mancanza di argomenti più coerenti o con un minimo di spessore. Significa piuttosto opporsi a politiche coloniali e razziali, ad una violenza sistemica statalizzata, operata da una nazione che -per contro- viene definita “l'unica democrazia del Medio Oriente”.

 

Ebbene, la nostra posizione, così come quella di chi appoggia la “causa curda”, è ritenuta dallo Stato italiano una minaccia per la sicurezza, una degenerazione di “pulsioni antimilitariste” e “anti-atlantiste” che rappresentano l'oggetto dell'analisi dell'Intelligence nazionale, così come riportato nella Relazione Annuale sulla politica dell'informazione per la sicurezza, esposta al Parlamento Italiano lo scorso mese di febbraio.

Nel capitolo dedicato ad “Eversioni ed estremismi”, collocata tra l'anarco-insurrezionalismo e il movimento antagonista, la c.d. solidarietà ai popoli “vittime dell’imperialismo” si inserisce in non meglio precisati “circuiti marxisti-leninisti” dove le posizioni internazionaliste e le reti impegnate nel sostegno alla “resistenza” palestinese e curda campeggiano a fianco della mobilitazione a sostegno di Alfredo Cospito e le rivendicazioni dei lavoratori e dei collettivi studenteschi che mirano, secondo il rapporto, ad un piano di “militanza politico-ideologica”.

 

Questa analisi, del tutto generica e decontestualizzata, costituisce la coda di un documento che si incentra su problematiche geopolitiche mondiali, rappresentate in primo luogo dalla guerra in Ucraina e in seconda battuta da altri scenari di instabilità globale. Non è un caso che tali questioni investano in forme diverse gli interessi economici e finanziari, nazionali e trans-nazionali dell'Occidente mentre, laddove l'interesse economico è pressoché nullo come nel caso delle cause palestinese o curda, la questione del loro sostegno sia derubricata a “mera” minaccia alla sicurezza nazionale, qualcosa di “scomodo” da gestire in casa.

 

Non ci stupisce, quindi, se il pogrom indisturbato di un villaggio palestinese per mano di centinaia di coloni o i bombardamenti dell'aviazione di uno stato occupante su popolazioni civili riescano velocemente ad eludere i riflettori della stampa e le reazioni di osservatori più o meno super-partes. Se non vi è un interesse economico non c'è neppure quello mediatico e in questo gioco di distrazione di massa i più grandi “diversivi geopolitici” facilitano la disbriga di questioni minori: con i riflettori puntati verso il Donbass è facile distogliere l'attenzione dalle provocazioni che rischiano di scatenare una nuova intifada.

 

Una posizione in merito a questioni di questo tipo è dovuta, esattamente come lo è combattere l'indifferenza verso la violenza diretta o indiretta che si incontra quotidianamente per le nostre strade, nelle scuole come nelle carceri dello Stato, nel nostro mare.

 

dario gentili

 

LINK per scaricare il documento originale

Comments

Forse il rapporto dei servizi segreti intendeva dire che i soldi raccolti da queste associazioni non finiscono ai palestinesi ma alle organizzazioni terroristiche che invece che impiegarli per la popolazione li usa per ben altro.

Attenzione a donare i soldi!

Add new comment